Manu agere, cioè condurre per mano. L’espressione latina si riferisce all’atto di trascinare un animale da soma orientandone la direzione. Risale da qui il verbo francese ed il successivo sostantivo inglese manager, inteso quale guida capace di tracciare la rotta, conducendo gli altri verso la meta.
Presenti nel mondo dell’industria già nel primo 900, con il taylorismo e il fordismo, è solo nell’attuale terzo millennio che i manager o, per dirla con un temine più moderno, i Chief Executive Officer (CEO) assumono una funzione decisiva nelle realtà aziendali. A loro, infatti, è delegata la responsabilità di assumere decisioni importanti sull’impiego delle risorse economiche disponibili, soprattutto in relazione al personale. Ed anche se il loro ruolo è rimasto invariato nel tempo, quello che è cambiato nei decenni è stato “l’approccio”, che ha dovuto necessariamente adattarsi ai cambiamenti del mondo del lavoro. Negli ultimi anni, infatti, il paradigma di apprendimento manageriale ha subito una significativa evoluzione. I numerosi mutamenti che hanno investito la società hanno modificato anche il leader, caratterizzato dal One-Man-Company. La società si muove, infatti, in una nuova economia dove non risulta essere più produttivo fossilizzarsi all’interno di un paradigma della leadership tradizionale, basata sull’ideologia di un dirigente solidario. Il ruolo del nuovo manager richiede skill tecniche e, soprattutto, relazionali con forti doti comunicative ed umane. Viene chiesta una presenza più attiva rispetto al passato su più fronti, non solo aziendali ma anche – e in special modo- sociali. Oggi, infatti, fare impresa significa sensibilizzare e trasmettere valori identificativi e sono molti i manager- e di riflesso le aziende – che danno voce ai desideri di cura ed attenzione al pianeta, all’ambiente, al rispetto dei diritti internazionali delle persone. A contribuire al cambiamento, anche i nuovi mezzi di comunicazione che hanno consentito agli utenti di riacquistare il proprio personale potere. A questo si aggiunge lo sviluppo tecnologico che, in ambito lavorativo, ha consentito di operare in maniera totalmente innovativa. All’interno degli ambienti di lavoro, infatti, si stanno sviluppando nuove soluzioni capaci di implementare le performance individuali e del team. Un esempio per tutti è il lavoro agile che, con l’avvento della pandemia, anche in Italia ha avuto una forte accelerazione. Da una ricerca condotta dall’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano, sono 305.000 i lavoratori che ormai possono godere di un’autonomia lavorativa nella scelta del luogo, degli strumenti e degli orari.
I dipendenti di un’azienda chiedono oggi più trasparenza e contatto umano, hanno maggiore voglia di crescere ed utilizzare i loro talenti. Il compito di chi dirige è quello di sollecitare il loro potenziale creativo affinché migliorino in maniera significativa anche le attività e gli obiettivi prefissati dall’azienda. Per fare impresa nel nuovo millennio, quindi, è indispensabile fare leva sulla cultura aziendale, sulla comunicazione e sulle relazioni umane, collaborando e costituendo network che operino in sintonia tra loro. Solo attraverso una decisiva trasformazione sociale prima e aziendale dopo, è possibile riappropriarsi del senso arcaico del termine manager, e cioè Manu agere, condurre per mano i futuri nuovi leader.